sabato 16 maggio 2015

eeeeeeeeehhhh


Prendo un pezzo di notte e ne faccio cose.

Lo prendo piccolo: meno di un'ora.
Lo prendo buio e umido, forse piovoso.
Ne faccio una camminata, zaino in spalla, 
E dentro due costate da un chilo
ognuna
e salsicce in più.
Porto con me una bandiera italiana,
che appenderò alle finestre alte in piazza
- w gli alpini, mi hanno dettto
che si dice -
ma non ci penso e porto la sete
per la birra che mi aspetta,
da bere sulla panca in mezzo al paese vuoto.
Poi riporrò un vassoio, un piccolo geco, 
e tornato casa, forse, leggerò persino, addormentandomi con la luce, 
la faccia
e un tasto schiacciato come:  eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee

così l'ho fatto, l'ho fatto come potevo, questo piccolo furto
alle vostre cose comuni, al sonno, all'abbrutirsi.
Ho mangiato patatine, finito la sangria.
Ho letto sulla panchina
Diario d'algeria.
Due versi, che vado dimenticandomi
mi descrivevano con un viandante stupefatto
che si avventura nel tempo nebbioso
e questo sono io, ho pensato,
sono io senza faccia e senza costato.
Prima di andare o dato acqua ai peperoni, alla rucola, ai limoni,
ho dato speranza alla morte apparente di maria
e veleno ai miei strepiti, all'oblio.
Sono tornato con le cuffie, dentro i damon
e non ho fatto che ascoltare il cuore di terra cotta
sapendo che ci sono troppi noi, in giro, intorno, dentro.
Troppi me.




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